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BERLINGUER E JERRY MC GUIRE

  • Immagine del redattore: Lorenzo Poggi
    Lorenzo Poggi
  • 7 mag 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Venerdì scorso sono andato a Napoli per un workshop organizzato dall’ENPAP (l’ente previdenziale degli psicologi) per imparare ad usare i social network.

Sono andato a Napoli perché qualche tempo fa un paziente mi ha raccontato di essere rimasto colpito da una targa che aveva letto nella sede del sindacato, un frase di Enrico Berlinguer: “Prima di chiedere sacrifici bisogna combattere gli abusi”. L’ho poi cercata questa frase su internet e non era proprio così, ma il senso era quello.

Ed è stato uno tsunami. All’inizio in realtà forse solo un cavallone, poi uno tsunami.

Un po’ come Jerry Mc Guire che sente “boom” alla TV e da lì in poi cambia tutto.

Sì perché il paziente raccontava come al solito le sue cose, ma io mi sono convinto che il messaggio fosse per me, che dovevo smettere di chiedergli il sacrificio di capire dove aveva sbagliato e stava sbagliando nella sua vita e dovevo invece prima di tutto combattere l’abuso di non essere mai stato ascoltato senza giudizi, nemmeno travestiti da pareri professionali.

Messaggio del suo inconscio o risveglio del mio? Poco importa.

Questo il cavallone.

Solo che quella frase è rimasta lì, non è più uscita dalla mia testa e così ho cominciato a guardarmi intorno domandandomi ogni tre per due dove potevo smettere di chiedere sacrifici prima di aver combattuto gli abusi. E sono cambiato. Ho cambiato atteggiamento con i pazienti e loro sono più contenti. Li vedo che sono più distesi, che sono più contenti di vedermi, me lo dicono a volte, ma soprattutto non sono più condiscendenti e sottomessi.

Non sto parlando di gesti eclatanti, si tratta di sfumature, prima non ero un crudele tiranno, né ora prendo il paziente sulle ginocchia e lo cullo cantandogli la ninnananna. Ma le sfumature sono importanti nel mio lavoro e una sfumatura alla volta si fa anche un bel dipinto.

Ma non è per questo che sono andato al workshop.

È perché, seguendo Berlinguer, mi sono accorto che nel mio lavoro troppo spesso ci si nasconde dietro le proprie competenze, se ne abusa appunto.

Perché? Alla fine per paura che il paziente ci possa mettere veramente in discussione in tutto ciò per cui possiamo essere messi in discussione: dal modo in cui gestiamo la nostra vita mentre gli insegnano a vivere la sua a quanto siamo più fortunati di lui per essere sull’altra sedia o poltrona (quella di chi l’aiuto lo dà e non quella di chi lo chiede).

Da qui l’utilizzo di concetti complicati che solo noi possiamo maneggiare, così come l’idea che se il paziente non si adegua alla nostra tecnica è lui che non vuole cambiare.

Il fatto è che la psicoterapia non è un intervento chirurgico, si tratta di due persone che parlano, di cui una semplicemente ha pensato un po’ di più a certe cose, ma non per questo sa tutto e tantomeno dispone di tecniche infallibili, tutto qui.

E così mi piacerebbe scrivere un blog per parlare di queste cose, per semplificare, per sfatare il mito della tecnica. Ma non ho idea di come si faccia a scrivere un blog. Vedremo.

Lorenzo Poggi

Jerry Mc Guire

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