DIPENDENZE
- Lorenzo Poggi

- 19 mar 2018
- Tempo di lettura: 1 min
Ben venga, naturalmente, lo sviluppo di un’eventuale tecnica (TMS: la Stimolazione Magnetica Transcranica sviluppata dal dott. Luigi Gallimberti a Padova) per aiutare gli individui affetti da dipendenza patologica a “smettere” o comunque a contenere il consumo di sostanze o comportamenti disfunzionali e in questo senso l’articolo apparso sul numero di settembre del 2017 del National Gepgraphic risulta essere molto interessante.
D’altra parte trovo che sarebbe utile non confondere differenti tipi di dipendenze, per esempio quelle da sostanze con quelle dal gioco d’azzardo. Nel primo caso infatti, anche se i circuiti neurali in gioco possono essere gli stessi, c’è una sostanza “esterna” che ha effetti per certi versi molto più potenti e dannosi di quelle che il cervello produce in autonomia e che possono essere coinvolte nella dipendenza dal gioco d’azzardo.
In quest’ottica, a mio parere, sarebbe quindi necessaria una riflessione di più ampio respiro sulla “dipendenza” che prenda in considerazione il fenomeno a partire dalla sua dimensione non patologica per poi esplorarne le eventuali disfunzioni e i differenti livelli di disfunzionalità.
Tale riflessione manca nell’articolo, il cui titolo (in copertina) tradisce piuttosto l’dea diffusa nella nostra cultura che la dipendenza sia in sé patologica, dimenticando che ci siamo evoluti come animali sociali (e siamo in buona compagnia nel regno animale) e che ogni essere umano è immerso sin dalla nascita in un mondo di dipendenza biologica e affettiva dal quale pensare di sottrarsi è altrettanto “patologico”.
Forse ci sarebbero meno patologie della dipendenza se restituissimo a questa dimensione il posto che le spetta.
Lorenzo Poggi





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