BAMBINI E LOCKDOWN
- Lorenzo Poggi
- 17 giu 2020
- Tempo di lettura: 1 min
Sono stati diffusi ieri i risultati dell’indagine sull’impatto psicologico della pandemia nelle famiglie, promossa dall’IRCCS Gaslini di Genova e dai quali si riscontra l’alta percentuale di problematiche comportamentali insorte nei bambini a seguito del lockdown, tra il 65 e il 71% a seconda dell’età.
Sintomi regressivi (comportarsi come bambini più piccoli), irritabilità, disturbi del sonno e d’ansia sono le problematiche risultate più frequenti.
Prima di saltare a conclusioni e strumentalizzazioni affrettate è bene però sottolineare che la stessa indagine ha altrettanto messo in luce che il livello di gravità dei comportamenti disfunzionali dei bambini e degli adolescenti è legato in modo statisticamente significativo al grado di malessere con cui i loro genitori hanno per primi vissuto il lockdown; all’aumentare di sintomi o stress dei genitori i dati hanno mostrato un aumento dei disturbi comportamentali ed emotivi nei figli.
I disturbi della sfera emozionale dei genitori conseguenti alla particolare situazione dovuta alla pandemia, sono inoltre risultati molto più accentuati
nel caso di pregresse problematiche di natura psicologica.
Lo psicoanalista e pediatra Winnicot diceva: “Non c'è una cosa che si può chiamare un bambino, nel senso che, se volete descrivere un bambino vi troverete a descrivere un bambino con qualcuno. Un bambino non può esistere da solo, ma è essenzialmente parte di un rapporto”.
I bambini certamente soffrono, ma prima di medicalizzarli e assegnargli la pesante etichetta del disturbo comportamentale portandoli dal medico, dallo psicologo o dallo psichiatra, offriamogli piuttosto un genitore equilibrato o tuttalpiù, se proprio non ci riesce, prendiamoci noi quell’etichetta o quella di genitore in difficoltà e facciamoci aiutare.

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