PSICOANALISI OGGI
- Lorenzo Poggi
- 5 apr 2018
- Tempo di lettura: 2 min
Il 25 marzo Repubblica, all’interno dell’inserto domenicale “Robinson”, in occasione della prossima uscita del PDM2 (la seconda edizione del Manuale Diagnostico Psicoadinamico) ha pubblicato diversi interessanti articoli su ciò che oggi può considerarsi ancora valido della psicoanalisi.
A chi mette in dubbio la scientificità della teoria psicoanalitica segnalo l’intervista di Riccardo Staglianò a Vittorio Gallese (neuroscienziato scopritore dei “neuroni specchio”) che, oltre a riconoscere l’importanza scientifica delle idee psicoanalitiche, restituisce alla psicoanalisi il proprio campo d’azione e il diritto di occuparsene.
Gallese chiarisce infatti che neuroscienze e psicoanalisi pur condividendo lo stesso oggetto d’indagine (la mente, l’identità e le relative disfunzioni), hanno livelli di descrizione differenti appropriati ai differenti, per quanto tra loro legati, obiettivi applicativi (rispettivamente, la scoperta del funzionamento del cervello a livello biologico e la psicoterapia).
A chi, semplicemente curioso, si chieda invece quale sia la “natura” della psicoanalisi offro un’unica critica agli altri contributi che sento di condividere in massima parte.
Come scrivono Homayounpour e Recalcati la psicoanalisi “è intrinsecamente sovversiva”, “contrasta politicamente ogni conformismo del pensiero”, “la sua vocazione è antifascista nel senso più radicale e militante del termine”, difende il desiderio del singolo…
L’intenzione è certamente quella, ma troppo spesso accade, come racconta Dario Oliviero, che gli psicoanalisti se ne facciano portavoce finché ad essere messa in discussione non sia la stessa teoria psicoanalitica (valida, lo ripetiamo, ma non per questo complessivamente indiscutibile). Quando è così la stessa psicoanalisi rischia di diventare proprio una di quelle forme di potere che voleva contrastare.
Non sono perciò d’accordo con la Homayounpour quando sostiene che la crisi della psicoanalisi in Occidente dipende dal suo essere diventata “politically correct” per attirare clienti, dall’adeguarsi al motto capitalista “il cliente ha sempre ragione”. Al contrario ritengo che la perdita di reputazione della psicoanalisi dipenda proprio dal non aver dato ragione al suo cliente, dal non averlo più ascoltato come all’inizio in difesa della propria ortodossia.
Il paziente ha sempre ragione, al massimo non si esprime bene.
Che non significa che lo psicoanalista abbia la bacchetta magica.
Lorenzo Poggi

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