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I DISTURBATORI AZIENDALI

  • Immagine del redattore: Lorenzo Poggi
    Lorenzo Poggi
  • 25 giu 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Immaginiamo un’organizzazione che intenda effettuare una serie di cambiamenti e che perciò convochi delle riunioni per sondare le reazioni del personale. Sicuramente i partecipanti esprimeranno un’ampia gamma di opinioni: da un lato gli entusiasti, che magari in modo un po’ ingenuo si diranno assolutamente d’accordo sulla necessità del cambiamento, senza essere molto consapevoli delle paure che fatalmente emergeranno anche in loro nel momento in cui il processo innovativo verrà messo in moto; dall’altro un certo numero di persone perplesse, che non sapranno bene da che parte stare e che scelte fare… infine probabilmente ci sarà qualcuno che si oppone strenuamente al cambiamento.

Questa persona coglie ogni occasione per esprimere il proprio disaccordo, non ne vuole sapere di ciò che è stato deciso e fa di tutto per manifestare in modo clamoroso e irritante la propria opposizione al cambiamento. I colleghi tendono a considerarlo un disturbatore o un nevrotico e i superiori cercano di estrometterlo dall’organizzazione per liberarsi di una persona sgradevole che non vuole collaborare.

Ma appena l’individuo viene trasferito o licenziato, ben presto un altro compare a prenderne il posto e col tempo risulta evidente che questo tipo di personaggio svolge una funzione particolare, simile a quella del capro espiatorio: quella di rendere manifeste delle resistenze di natura “istituzionale”, cioè resistenze presenti in forma latente nelle altre persone e nell’organizzazione e alle quali egli dà espressione facendosene portavoce.

Perciò quando una persona espone le proprie ragioni per opporsi ad un cambiamento, sarebbe saggio non considerare la sua posizione come meramente individuale ma al contrario come rappresentativa di dubbi e perplessità che possono appartenere a tutti i membri dell’organizzazione, di obiezioni che sono condivise dagli altri ma che gli altri non hanno il coraggio di manifestare o di cui non sono consapevoli.

(da “L’organizzazione nascosta. Dinamiche inconsce e zone d’ombra nelle moderne organizzazioni” di Mario Perini, ed. Franco Angeli, Milano, 2007)

… e forse potremmo estendere questo ragionamento a chi esprime un disagio psicologico che, forse perché più fragile (o al contrario più forte alle pressioni esterne), forse perché più in contatto con le proprie emozioni, forse perché spinto più o meno consapevolmente da altri, con quel disagio formula le proprie critiche (più o meno condivisibili, ma comunque rispettabili) nei confronti dell’ambiente (famiglia, legami, società) che lo circonda.

Lorenzo Poggi

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© 2016 by Lorenzo Poggi.

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