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A VOLTE NON C'È NIENTE DA CAPIRE, TRANNE IL PAZIENTE NATURALMENTE.

  • Immagine del redattore: Lorenzo Poggi
    Lorenzo Poggi
  • 16 lug 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

“Dopo un periodo difficile, fatto di molti silenzi, Laura, una paziente di trentacinque anni, arriva ad evocare un’atmosfera di diffusa violenza famigliare nella sua infanzia. Lei ne parla attraverso evocazioni corporee. Ciò che tenta di raccontare converge sempre verso descrizioni di sensazioni di corpi ostacolati, imprigionati. Ma io non riesco a vedere più chiaramente né ad andare oltre. In ogni caso, nella sua vita di donna adulta, tutto la rimanda a un vissuto di “impedimento”. Lei si sente “interdetta”. Questo vissuto, che lei descrive soprattutto come corporeo, blocca lo sviluppo del nostro lavoro. Un giorno arriva alla seduta tutta allegra: racconta di aver visto, in un festival artistico, per la prima volta nella vita, uno spettacolo di danza contemporanea. A causa dell’ambiente culturale di provenienza, quel tipo di manifestazioni artistiche le era stato fino a quel momento precluso. Lei evoca le danzatrici e i danzatori come l’immagine stessa di un’immensa felicità ed espansione. In seguito le nostre sedute riprendono il consueto ritmo noioso.

Fino al giorno in cui le dissi che secondo me stavamo sbagliando percorso: non essendo io né danzatore, né coreografo, non era con me che lei avrebbe potuto sbocciare. Da quel momento, le poche sedute che seguirono furono dedicate cercare i corsi di danza contemporanea, nella sua città, adatti a lei. Cominciò le lezioni con un’ex danzatrice diventata insegnante, e mi parlò a lungo della danza contemporanea nelle nostre ultime sedute. A un certo punto decidemmo, di comune accordo, di porre fine alla terapia. Ho avuto poi regolarmente sue notizie: nonostante il suo debutto tardivo nella danza, questa attività è diventata centrale nella sua vita, anche se in modo amatoriale. Un giorno in cui venne a farmi visita, evocammo il nostro penoso tentativo di percorso terapeutico: avevamo compreso entrambi che non c’era nulla da comprendere. Che il suo corpo aveva trovato le vie per dispiegare la sua potenza. E che il suo sviluppo come persona era dovuto alla sua emancipazione dalla trappola della comprensione ad ogni costo della complessità esistenziale della sua vita.”

[Miguel Benasayag - Oltre le passioni tristi, 2015]


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© 2016 by Lorenzo Poggi.

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