CONTRO LE PSICOTERAPIE (MANIFESTO DI UNO PSICOTERAPEUTA LAICO)
- Lorenzo Poggi

- 27 ago 2018
- Tempo di lettura: 3 min
Comportamentismo, cognitivismo, costruttivismo, terapia sistemica, psicoanalisi freudiana, junghiana, lacaniana… sono solo alcuni degli orientamenti e delle rispettive varianti, ormai incalcolabili, di cui si sente parlare in fatto di psicoterapia.
La pluralità di prospettive su qualunque problema è certamente una ricchezza, soprattutto quando il problema è complesso e per nulla chiarito in modo esaustivo come quello della “psiche”, ma tale pluralità diventa invece fonte di non pochi mali se ognuno rimane arroccato in difesa delle proprie idee e considera quelle altrui a priori meno valide.
Questo purtroppo è ciò che accade nel mondo della psicoterapia, dove il confronto su un piano scientifico è praticamente silente: ogni scuola di psicoterapia organizza infatti le proprie attività scientifiche (congressi, seminari, …) senza invitare il pensiero altrui, così come possiede i propri canali editoriali e non si interessa minimamente alle pubblicazioni delle altre scuole.
Oltre a questo l’accesso alle scuole di psicoterapia, così come la permanenza nelle società ad esse legate, non sono tanto stabiliti in funzione delle qualità personali dei candidati o dei membri, quanto piuttosto del loro rispetto, al di là di un’apparente tolleranza delle differenze, del pensiero istituzionale.
Alla base di questa penosa situazione c’è l’idea che il pensiero degli altri sia distorto da questioni psicologiche personali e nessuno sembra rendersi conto che lo stesso criterio potrebbe essere applicato anche alle proprie convinzioni teoriche, così come pochi tengono conto del fatto che le ormai numerose ricerche sull’efficacia della psicoterapia dimostrano che ciò che cura non è la teoria di riferimento del terapeuta, quanto piuttosto tutti i fattori aspecifici e quindi comuni a tutti gli orientamenti (ascolto, rispetto, qualità della relazione, ecc. …).
L’impressione, sforzandosi di osservare la questione da una certa distanza, è che la ragione profonda di questa forma di campanilismo, come sempre accade nelle umane faccende, sia la logica del potere: qualcuno sarebbe in possesso di una presunta Verità e qualcun altro no.
In questo modo si sostengono le gerarchie interne alle singole scuole (candidati, soci, membri anziani… sempre più vicini alla Verità, piuttosto che stimati semplicemente per la loro maggior esperienza), intorno alle quali ruota gran parte della vita associativa e allo stesso tempo ci si protegge dalle atre dolorose verità, spesso molto difficili da sopportare, di cui sono portatori i pazienti.
Riconoscere infatti i limiti della propria posizione, così come quelli generali delle conoscenze psicologiche, costringe ad un’onestà piuttosto scomoda nei confronti dei pazienti.
Tali dinamiche sono appunto certamente molto umane e comuni a tutte le forme di organizzazione, comprese quelle scientifiche, ma scandalizza e preoccupa che proprio su un tema così delicato il pensiero sia così poco critico ed il clima scientifico molto meno democratico che in tutte le altre discipline.
Viene da chiedersi se non sia proprio l’importanza che il tema riveste nella vita personale di ciascuno a rendere possibile tale confusione, ma anche se non sia proprio il potere “genitoriale” che ogni terapeuta inevitabilmente esercita sul paziente che affascina chi, in fin dei conti, sceglie questa professione per i torti infantili che ha sentito di subire, che vorrebbe evitare agli altri, ma che troppo spesso sembra poi finire per ripetere proponendosi come un genitore onnisciente.
Forse sarebbe quindi il caso di abbandonare i campanilismi e le reciproche accuse di suggestionare i pazienti con verità discutibili, di cominciare ad ascoltare, studiare ed integrare tutte le prospettive esistenti e riconoscere infine che la psicoterapia, indipendentemente dall’orientamento teorico del terapeuta, consiste essenzialmente in un’esperienza intellettuale ed emotiva che aiuta a pensare, ripensarsi e cambiare, con l’aiuto di una persona che ha “promesso” a se stessa e ai suoi pazienti di non smettere mai di mettersi in discussione.
In ogni psicoterapia (così come in ogni umana relazione) c’è sempre una quota di suggestione, dovuta alla speranza che l’altro ci porti in un “posto migliore” e alla convinzione di questo di poterlo fare, ma, detto ciò, tale suggestione va sempre maneggiata con grande attenzione ed umiltà.
Lorenzo Poggi





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