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PENSIERI SCOMODI

  • Immagine del redattore: Lorenzo Poggi
    Lorenzo Poggi
  • 26 set 2018
  • Tempo di lettura: 2 min

Dall’ultimo rapporto Oxfam, relativo al 2017 risulta che:

1. L’1% più ricco della popolazione mondiale detiene più ricchezza del restante 99%.

2. Più di metà della popolazione mondiale vive con un reddito insufficiente che oscilla tra i 2 e i 10 dollari al giorno.

3. L’82% dell’aumento della ricchezza netta registrato nel 2017 su scala planetaria è stato appannaggio dell’1% più ricco.

Di fronte a queste cifre e alla fotografia che scattano, come tante altre che ci raggiungono dai luoghi più sfortunati del pianeta, è difficile non chiedersi che senso ha stare in una stanza a parlare di ansia, di tristezza, di vuoto, quando nessuno in quella stanza soffre la fame o deve tentare di arrangiarsi con 2 dollari al giorno.

I pazienti se la fanno spesso questa domanda, il più delle volte colpevolizzandosi per le proprie difficoltà “insignificanti” se confrontate con “situazioni ben più gravi” delle loro.

Si tratta di un pensiero comprensibile e in una certa misura sicuramente apprezzabile, ma sono necessarie alcune precisazioni.

Il disagio psichico non è un capriccio del benessere, ma piuttosto un fenomeno umano universale

frutto di una sofferenza, di una insoddisfazione, che ha a che fare con i legami tra gli individui e quindi presente in tutte le culture, anche le più povere, semmai chiamato e definito in modo differente.

Detto ciò, ritengo che ignorare le disuguaglianze sociali sia un crimine e che ognuno dovrebbe trovare il proprio modo di fare la sua parte per ridurle, secondo le proprie capacità e risorse, ma senza dimenticare che anche curare i propri legami contribuisce in una qualche misura, per quanto piccola possa apparire, al benessere collettivo.

Martin Buber diceva: “Quand’anche la nostra potenza si estendesse fino alle estremità della terra, la nostra esistenza non raggiungerebbe il grado di compimento che può conferirle il rapporto di silenziosa dedizione a quanto ci vive accanto”.

Lorenzo Poggi

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© 2016 by Lorenzo Poggi.

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